Ebbene i ragazzi delle nuove generazioni sono stati spesso chiamati con
molti nomi pensando alla loro familiarità con l’uso di questa e così sono
diventati cyberkids, digital native, click generation e via discorrendo. Ma è
proprio vero che i nostri ragazzi sono così a loro agio con la tecnologia?
Riflettendo sul significato di competenza
digitale, sono veramente così “competenti”?
A volte gli adulti suppongono che i nativi digitali fin dalla nascita siano esperti nell’uso della rete e della tecnologia come se fossero depositari di competenze e saperi in modo istintivo e che per questo motivo abbiano una marcia in più rispetto agli adulti (genitori, docenti, educatori).
Perchè questo video? Per ricordare a noi tutti che abbiamo sempre il dovere, davanti ad un minore, di provare ad essere adulti credibili, coerenti e significativi. Rimettersi in gioco, magari in momenti di confronto e formazione, è probabilmente la strada giusta per questo scopo!
A volte gli adulti suppongono che i nativi digitali fin dalla nascita siano esperti nell’uso della rete e della tecnologia come se fossero depositari di competenze e saperi in modo istintivo e che per questo motivo abbiano una marcia in più rispetto agli adulti (genitori, docenti, educatori).
L’uso della tecnologia e
della rete di internet in particolare non è per nulla una cosa semplice e
richiede competenze che non sono né scontate né innate.
Leggendo per esempio i dati
annuali dell’indagine della SIP (Società Italiana Pediatri) sulle abitudini di
vita dei preadolescenti ne esce un quadro ben diverso. E la stessa cosa nel
civile Regno Unito lo testimoniano altrettante indagini di esperti e studiosi
sulle stesse fasce di età (UK Children Go Online del 2003-2005, EU Kids Online del 2006-2009, Social
networking Study del 2007).
Forse i nostri ragazzi
avranno più facilità ad approcciarsi a schermi, tastiere, computer e cellulari
ma non hanno certo innate competenza e saggezza.
Insomma senso critico,
spirito strategico, capacità di autoregolazione, uso sicuro ed efficace, senso
del limite e del rispetto, senso civico, autonomia e capacità di problem
solving non necessariamente fanno parte della dotazione di un preadolescente (nativo
digitale) solo per il fatto che è nato e cresciuto tra monitor e tastiere e per
il fatto di averne fatto uso.
Purtroppo poi una pubblica
informazione troppo spesso allarmistica e ansiogena non aiuta certo a
migliorare le cose. E’ palese che la paura non sia sempre la migliore consigliera
e che nemmeno gli esperti chiamati in
extremis o una tantum, seppur
certamente preziosi, possano risolvere i nostri problemi. E’ comprensibile
infatti a tutti come la “gestione dell’emergenza” forse può risolvere il
problema immanente ma certamente non aiuta a prevenirne i futuri.
Per usare una metafora nessuno immaginerebbe mai di mettere un
preadolescente alla guida di un autoveicolo nel traffico di una città senza che
conosca il codice della strada. Eppure nessuno si pone il problema di mettere
nelle mani di un preadolescente un cellulare o un pc e lasciarlo navigare nel
traffico del cyberspazio.
O ancora così come esiste
una corretta dieta alimentare e nessun genitore lascerebbe al proprio figlio
l’estrema libertà di autoregolarsi scegliendo cibi e tempi, allo stesso modo
dovrebbe esistere una dieta mediale e nessun genitore dovrebbe lasciare al
proprio figlio la libertà di “cibarsi” di tecnologia senza regole.
Ma allora che fare con
“questa” tecnologia?
Risposte certe e
indiscutibili non ne ho ma credo di aver intravisto e sperimentato in questi
anni di lavoro alcuni criteri guida probabilmente utili per genitori così come
per docenti ed educatori in genere.
Innanzitutto grande
attenzione alla prevenzione. Una prevenzione però che sia lenta e ricorrente,
organica e competente ma soprattutto fortemente condivisa tra tutte le agenzie
educative (scuola e famiglia in primis). E’ quale prevenzione potrebbe essere
migliore di un percorso di costruzione della competenza digitale per questi
ragazzi. Un percorso che si dovrebbe snocciolare, come un rosario, tra famiglia
e scuola, giorno dopo giorno, anno dopo anno.
In secondo luogo uno sguardo
sereno e positivo. Allarmismo, paura e filosofia dell’emergenza raramente
potranno aiutare a sedimentare nel modo giusto le buone abitudini. La
tecnologia è uno strumento né buono, né cattivo: sta a noi imparare a usarlo
nel modo giusto senza diventarne succubi, senza idolatrarlo o demonizzarlo.
Formazione permanente:
abbiamo sempre da imparare, sempre da aggiornarci anche se ciò a volte ci può
costare la fatica di doverci rimettere in gioco. Il mondo della tecnologia per
molti è un mondo misterioso e poco comprensibile ma è anche il mondo nel quale
vivono e vivranno le future generazioni. Come adulti non possiamo esimerci dal
ruolo educativo che ci spetta.
E infine ricordarsi il
valore e il significato dell’errore in ambito educativo, anche parlando in
riferimento all’uso della tecnologia. Dagli errori si impara, e gli errori
spesso non possono essere evitati perché nessuno potrà mai sostituirsi ad altri
nel processo di scelta, nell’esercizio del libero arbitrio. Spesso noi adulti
preferiremmo evitare che i nostri ragazzi vadano incontro a problemi, errori,
noie e scocciature e semplicisticamente o egoisticamente pensiamo di scegliere
la strada più veloce per gestire queste difficoltà (delegare, non vedere,
scegliere al posto di altri). Gli errori non ci devono spaventare perché sono
insostituibili momenti di crescita se gestiti con amorevolezza e autorevolezza.
Insomma in un mondo tecnologico come questo acquisire competenza digitale è
l’unico modo per navigare sicuri nei nuovi oceani del terzo millennio e per poter immaginare che ogni ragazzo possa avere ulteriori strumenti per realizzare se stesso e provare ad essere felice nel tempo.
Perchè questo video? Per ricordare a noi tutti che abbiamo sempre il dovere, davanti ad un minore, di provare ad essere adulti credibili, coerenti e significativi. Rimettersi in gioco, magari in momenti di confronto e formazione, è probabilmente la strada giusta per questo scopo!
Prof. Danilo Piazza
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